Mi sono seduto al buio e ho pensato: forse non c’è nessuna grande apocalisse, ma una processione infinita di piccole apocalissi. (Neil Gaiman)
Il mondo è cominciato senza l’uomo e finirà senza di lui. (Claude Lévi-Strauss)
2008: APOCALISSE NEL WEB
Vi capita mai di sentirvi sciocchi? Di regredire a uno stadio di reazione agli stimoli secondo logiche meccaniche e involutive? La colpa potrebbe essere di Google.
Almeno ciò è quanto suppone Nicholas Carr, uno dei punti di riferimento dell’Information Technology, nonché professore ad Harvard e all’MIT, i cui articoli compaiono su Financial Times, Strategy & Business e su The Guardian…
Insomma, se lo dice lui, sicuramente noi ci sentiamo già meno intelligenti.
Al di là della domanda retorica a effetto: “Is Google Making Us Stupid?”, i dettagli ci vengono spiegati dallo stesso Carr nelle colonne del magazine The Atlantic (Volume 301 No. 6, July/August 2008).
L’articolo comincia con una citazione pop: la scena del supercomputer HAL di 2001: Odissea nello spazio che viene disattivato dal protagonista David.
“David, la mia mente se ne va… Lo sento”
“Lo sento anche io” dice Carr, “negli ultimi anni ho avuto la fastidiosa sensazione che qualcuno, o qualcosa, stesse armeggiando con la mia mente, rimappando il circuito neuronale, riprogrammando la memoria”.
In cerca di una spiegazione per questa sensazione, il guru dell’IT passa da McLuhan, Nietzsche, Bell, neuropsichiatri, psicologi e rivoluzioni industriali.
La sensazione è ancora più chiara, poi, quando Carr si trova davanti a un libro: “(…) La mia concentrazione spesso inizia ad andare alla deriva dopo due o tre pagine (…) La lettura profonda che mi veniva naturale è divenuta una battaglia”. La semplificazione e la rapidità di fruizione sembrano essere le nuove regole imposte dal web alla nostra mente.
Ma, mentre stiamo per augurare a Carr un’estate di relax e un po’ di tempo libero per riflettere su altri interrogativi (tipo: “Anche un genio invecchia?”), ecco che arriva un altro allarme. “Proteggete il web”, grida Tim da un articolo pubblicato sul The Guardian (guardian.co.uk, Wednesday July 9, 2008).
E non stiamo parlando di un Tim qualsiasi, ma di Sir Tim Berners-Lee, lo scienziato informatico che se ne uscì, 19 anni fa, con l’idea di web. Il web “È il sistema dal quale dipende molta parte della nostra società – dal quale dipende la democrazia e dal quale dipende il commercio. Dobbiamo osservarlo affinché rimanga sicuro e stabile”.
Ma, l’auspicio più preoccupante arriva più tardi nell’articolo: lo sviluppo del web deve continuare a essere “pro-human”, a favore dell’umanità.
Gli echi di Asimov e Kubrick non si sono ancora spenti che veniamo messi al corrente di un incredibile baratro nella sicurezza del World Wide Web. Mentre noi dormivamo sonni tranquilli, c’era chi lavorava per noi affinché il protocollo DNS (Domain Name System), quello che associa gli indirizzi IP alle pagine web, fosse messo al riparo dagli hacker.
Ce lo assicura il ricercatore Dan Kaminsky, dalle pagine di écrans.fr (mercredi 9 juillet 2008), un sito d’informazione legato al quotidiano francese Libération.
Il correttivo di sicurezza per il DNS è stato già impiegato dai più grandi nomi dell’informatica (tra i quali Microsoft, Cisco, Sun, Alcatel, Apple, IBM e molti altri). E, prima ancora di sapere di essere sull’orlo di un baratro, siamo già salvi. Ora serve solo trovare una patch contro l’istupidimento e una contro la futura rivolta del web nei confronti della specie umana.
Fabrizio Comerci