Attraversa il tuo dolore, arrivaci fino in fondo
Anche se sarà pesante come sollevare il mondo
E ti accorgerai che il tunnel è soltanto un ponte
E ti basta solo un passo per andare oltre
(Simone Cristicchi, Abbi cura di me)
C’è un momento, nello spettacolo di Simone Cristicchi dedicato al Paradiso di Dante, in cui la biografia prende il sopravvento. Solo per un momento, ma vale la pena cominciare da qui.
Seduto a terra, sul proscenio, sembra cercare con il pubblico un rapporto ravvicinato, più confidenziale, per partecipare un episodio intimo legato alla morte di una bambina. Uno di quei momenti che ti lavorano dentro e ai quali solo in un secondo tempo riesci a dare un senso. Qualcuno li considera segni certi di un aldilà altrettanto certo, altri li chiamano coincidenze, semplicemente, liquidandoli come fatti sostanzialmente irrilevanti e poi archiviandoli tra i ricordi inoffensivi.
Cristicchi ci dice che le coincidenze hanno un senso per chi le vive. Non ricordo se ha parlato di funerale ma l’immagine di tanti palloncini bianchi che volano nel cielo sì, la ricordo. Così come quella di quel palloncino solitario, separato dagli altri, ostinato nel non voler staccarsi da terra, che Simone si è trovato sulla strada di fronte alla macchina. Un segno – inquietante, rassicurante, consolatorio, chissà – ma al quale solo tu puoi dare il senso.
Ecco, questo racconto si inserisce nel più ampio discorso sul Paradiso inteso come viaggio interiore dall’oscurità alla luce. Viaggio di speranza, anche, e rito di purificazione che muove dall’accettazione delle nostre ombre e delle nostre paure.
Lì dove tutto sembra perduto, sospesi tra un passato non credibile e un futuro che ci spaventa, troviamo la spinta per risalire.
Il viaggio di Dante, percorso anche attraverso la voce dei mistici, diventa qui una sorta di alveo in cui far lievitare temi cari all’attore: il desiderio come fecondo sentimento di mancanza che ci spinge verso una riconciliazione con l’altro e quindi con noi stessi, la nostalgia come anelito verso il già conosciuto, il profondo senso di comunione con la natura, la necessità di non interrompere il flusso che ci lega e collega, la partecipazione dell’Uno nel tutto, principio questo rappresentato dalla figura mistica di San Bernardo di Chiaravalle che scorta Dante nell’ultimo tratto e intercede per lui con la Vergine.
Cristicchi ci accompagna in questo viaggio a modo suo, intrecciando parole e musica e alternando alla narrazione alcune delle sue canzoni più belle come Lo chiederemo agli alberi, Le poche cose che contano. E lo fa con la sua delicatezza tipica e quella leggerezza quasi evanescente che rende viva e vicina un’opera troppo spesso affrontata con soggezione e con l’ossequio che si riserva ai monumenti.
Invece lui ci entra dentro e cammina, lasciandosi distrarre e sedurre dai sentieri che si diramano durante la strada maestra. Chiamiamoli pure link: sono quelle parole, quei sintomi, quelle luci che ti chiedono di soffermarti e indugiare per interrogarti seriamente sul nostro tempo presente.
Perché, per esempio, ci fregiamo di una dichiarazione universale dei diritti dell’uomo se poi finiamo per calpestarli?
Siamo a metà spettacolo, più o meno, poco prima di vederlo salire sul basamento di una colonna classica a guardare lontano, con il telescopio, in cerca di una stella cadente a cui affidare il nostro desiderio. La nostra mancanza di stelle, il nostro de-sidera, la nostra nostalgia per il paradiso perduto. In cerca di un filo sottile capace di collegare passato e futuro invitandoci a scendere nel più profondo del cuore. Il cuore, il nostro paradiso dove come nell’Eden scorrono ininterrotti quattro fiumi.
Lo spettacolo si chiude con il 33° canto, ben recitato e senza enfasi. “L’amor che move il sole e l’altre stelle”. Arriva subito dopo Abbi cura di me, una canzone che è anche una preghiera rivolta a se stesso, e a tutti i se stessi che la vogliono far propria.
Alessandra Bernocco
Lo spettacolo è in scena alla Sala Umberto di Roma fino al 3 aprile.
dalla Divina Commedia di Dante Alighieri
Scritto da Simone Cristicchi in collaborazione con Manfredi Rutelli
Musiche di Valter Sivilotti, Simone Cristicchi | canzoni di Simone Cristicchi
Videoproiezioni Andrea Cocchi, disegno luci Rossano Siragusano
Aiuto Regia Ariele Vincenti
Produzione di Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Accademia Perduta Romagna Teatri, Arca Azzurra, Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato con il sostegno di Regione Toscana