«Un sia pur rapido sguardo all'itinerario della civiltà
mi fa sentire una Cassandra»
(Emil Cioran, Sillogismi dell'amarezza, 1952)
«Senza “persuasione” sia le parole di verità, sia quelle di giustizia, sia quelle di inganno non hanno efficacia. Cassandra è profetessa veritiera (alethómantis), e perciò si distingue da quegli indovini che cercano di ingannare seguendo i sentieri tortuosi dell'astuzia (skolat apàtai), ma per aver tradito un giuramento, Apollo l’ha privata del potere della persuasione (peithó) ed ora le sue parole sono inefficaci e, come dice il coro, non più degne di fede»
(Umberto Galimberti, Gli equivoci dell'anima, 1987)
Figlia di Priamo e di Ecuba, amata da Apollo, ottenne il dono della profezia, ma per non aver corrisposto al suo amore fu condannata a non essere creduta. Profetessa di sventura, in quanto predisposta a prevedere eventi nefasti, fa la sua prima comparsa nell’Iliade, ma diviene celebre dopo la sua apparizione nella tragedia di Eschilo: “Agamennone”, e in quella di Euripide: “Troiane”.
Adesso, in questo testo bellissimo, iconico, asciutto, poetico, tormentato, di Ruggero Cappuccio, nuovamente ci implora di crederle, perché è troppo tardi. Figlia del re di Troia, annuncia la morte, la distruzione, l’inganno, la guerra. Ma nessuno le crede.
Ci appare in un velo nero, gonfia nel suo vestito luttuoso, il corpo sommerso in un quadro funebre e cupo, solo il volto luminoso di donna, ma con voce tenebrosa di uomo, l’uomo che la piega al suo volere, al suo Stato, al suo ordine morale. Parla ferma, fissa nel vuoto, e racconta della sua sventura, e mentre parla si trasforma in voce femminile. Voce di donna, come quella di Neda (Neda che significa “voce”).
Neda della primavera araba, la giovane studentessa di filosofia che insanguinata in volto moriva in quelle piazze di rivolta mentre urlava la sua libertà già il 20 giugno del 2009 (era in compagnia del suo insegnante di musica e caro amico Hamid Panahi; stavano partecipando alla protesta contro l’esito sospetto delle elezioni). La morte di Neda Salehi Agha-Soltan (persiano: ندا آقاسلطان) è avvenuta a Teheran nel giugno del 2009 durante le proteste post-elettorali che hanno fatto seguito alle elezioni presidenziali, duramente represse dalle autorità. Aveva 26 anni. La sua uccisione ha avuto reazioni internazionali a causa di un video amatoriale che ha testimoniato gli ultimi istanti della sua vita. Ed è diventata un simbolo anche per la mia vita, io che in quegli anni provavo ad avere dei figli, una figlia, l’avessi avuta, l’avrei appunto chiamata Neda.
Neda, voce, fino alle donne iraniane di oggi, del 2022, morte a causa dei capelli, Mahsa Zhina Amini, per aver messo il velo non come andava messo secondo la polizia morale, Hadis Najafi, la ragazza bionda diventata anch’essa simbolo delle proteste iraniane contro il velo obbligatorio, sparata in volto giovanissima, sfregiata. Queste donne iraniane non vengono menzionate, eppure a me vengono subito in mente come Cassandre (il plurale è dunque forzato).
E non a caso il testo comincia col dissotterrarne i pezzi, i pezzi di un Corpo, le mani, i piedi, il cuore. Fatte a pezzi, fatta a pezzi. Evocativo e commovente, mi ci immergo per ogni frase, ogni parola di dolore. Ogni parola isolata come lacrima che scivola sulla faccia scoperta.
Presa prigioniera da Agamennone, trucidata dalla moglie di Agamennone, Clitennestra, come puttana. Questa donna in mezzo alla scena è come pietrificata, come io nell’anima. Dolce anima ferita, da uomini che non ci vogliono ascoltare, ci usano, ci abusano, e poi se non vogliamo adeguarci, ci costringono e ci uccidono. O ci pietrificano in una forma. E se non corrispondiamo, ci uccidono altre donne, ci tirano le pietre e le ingiurie, fino a che i rivoli di lacrime diventano di sangue.
La suggestione allora è assumere piccoli movimenti lenti, passi, moltiplicati in proiezione sugli schermi, vestendosi simbolicamente degli elementi, la nebbia, il vento, il fuoco, il fumo, il vapore e la pioggia: rendersi invisibili, furiose, folli, evanescenti, sembianze, assenze, presenze, pianto nella trasformazione.
Il mondo vuole cambiare, sempre, continuamente, e più spesso il cambiamento lo chiede alle donne, che si fanno carico del messaggio e si tagliano i capelli. Cassandra cambia il vestito. Dal nero luttuoso e goffo, che impedisce il cammino, al rosso paiettato dell’emancipazione, della ribellione, della manifestazione del conflitto, e poi il blu del pensiero, della libertà e della sofferenza, quindi il verde della pacificazione con la natura, l’indole, l’anima, la linfa, il sangue vivo degli alberi, infine il bianco della comprensione e della consapevolezza, insieme cinque temi attuali: la memoria, la vita, la libertà, la transizione e la pace. E questa donna mentre racconta quello che le è successo, e quello che non vuole più succeda, si spoglia e si veste di sé, saggiamente, inesorabilmente, con altruismo.
La regia, la scenografia, i video, le luci, di Jan Fabre, sono spettacolari, mi sono immersa completamente, in un teatro totale dove ogni movimento viene interiorizzato, sulla soglia di ogni conoscenza emotiva. Molto brava l’interprete, Sonia Bergamasco.
Circa un’ora di emozioni aderenti a ogni attualità del tempo. aspettando che “il merlo torni a essere la sostanza di ogni rovo” (il merlo, feticista della voce).
“Resurrexit Cassandra”, visto al Teatro Vascello di Roma
Chiara Merlo
Ideazione, regia, scenografia, video Jan Fabre
Testo Ruggero Cappuccio
Con Sonia Bergamasco
Ruggero Cappuccio dà voce al prologo
Musiche originali Stef Kamil Carlens
Effetti sonori Christian Monheim
Disegno luci Jan Fabre
Costumi Nika Campisi
Assistente alla regia e drammaturgia Miet Martens
Direzione tecnica Marciano Rizzo
Fonico Marcello Abucci
Direzione di produzione Gaia Silvestrini
sarto durante le prove a Troubleyn/ Jan Fabre, Anversa Mario Leko
Costumi realizzati da Officina Farani
Foto Hanna Auer, Marco Ghidelli
Film
direttore della fotografia Rutger- Jan Cleiren
cameraman Kasper Mols, Charles Pacqué
aiuto regista Alma Auer
tecnico luci Duncan Kuijpers
assistente di produzione Annemiek Totté
Produzione
Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival –
Campania Teatro Festival, Troubleyn/ Jan Fabre,
Carnezzeria srls, TPE Fondazione Teatro Piemonte Europa
Durata: 70 minuti