Che ggran dono de Ddio ch'è la bellezza!
Sopra de li quadrini hai da tenella:
Pe vvia che la ricchezza nun dà quella,
Ecco quella s'acquista la ricchezza.
Una chiesa, una vacca, una zitella,
Si è brutta nun ze guarda e sse disprezza:
E Ddio stesso, ch'è un pozzo de saviezza,
La madre che ppijjò la vorze bbella.
La bbellezza nun trova porte chiuse:
Tutti je fanno l'occhi dorci; e ttutti
Vedeno er torto in lei doppo le scuse.
Guardamo li gattini, amico caro.
Li più belli s'alleveno: e li brutti?
E li poveri brutti ar monnezzaro.
("La bbellezza" di Giuseppe Gioacchino Belli)
A conclusione della III edizione della rassegna musicale “Venere in Musica”, ideata dal Parco archeologico del Colosseo diretto da Alfonsina Russo e curata da Fabrizio Arcuri che firma la direzione artistica, dopo il cantautorato d’autore di Diodato (19 giugno), lo smooth jazz dei Moorcheba (20 giugno), le atmosfere maliane di una delle voci più significative della world music, Rokia Traoré (21 giugno), il progetto che incrocia la Babelnova Orchestra, l’orchestra delle donne arabe e del Mediterraneo Almar’à, l’icona della musica alternativa italiana, Ginevra Di Marco, storica voce dei CSI e dei PGR (22 giugno), e la travolgente energia rock-blues del “gladiatore” per eccellenza, Russell Crowe insieme ai suoi The Gentlemen Barbers (23 giugno), il 25 giugno è andato in scena “Caro Mecenate”, un reading-concerto sotto forma di dialogo fra Sergio Rubini e Pino Quartullo, il 28 giugno il Maestro Pasquale Menchise ha portato in scena “Puccini 100 e dintorni”, omaggio a Giacomo Puccini nel centenario della morte del compositore lucchese, e il 26 giugno l’attrice, scrittrice e stand up comedian Paola Minaccioni ha presentato “Paola racconta Anna”, un viaggio su musiche eseguite dal vivo nella vita di Anna Magnani, attraverso i suoi racconti personali e i suoi film ma anche attraverso le parole di Pierpaolo Pasolini, Giuseppe Gioachino Belli, Mauro Marè, Sara Kane, Achille Campanile, Rodrigo Garcia e Gabriella Ferri.
Ho scelto di partecipare al viaggio nella vita di Anna Magnani, naturalmente, con la brillante interpretazione di Paola Minaccioni, in quello scenario suggestivo che è il Tempio di Venere, e con alle spalle imponente il Colosseo, in una notte densa dell’estate romana, che ti riserva sempre momenti di grande intensità ed emozioni.
C’è da sottolineare che già il percorso nel sito archeologico per arrivare sotto il palco della rassegna ha avuto un non so che di incredibile, e non voglio essere né retorica né banale, ma i canali sensoriali della vista e dell’udito sono stati inebriati da passaggi sonori e prospettive visive che già hanno predisposto il cuore al suo inevitabile allargamento, per riceverne brividi e tremori. Se fossimo soltanto più recettivi agli stimoli! Mentre lasciavo il Colosseo sulla mia sinistra, maestoso, gigante, imponente, e mi accingevo a salire le scale per raggiungere il Tempio in alto, il Colosseo si rimpiccioliva e si allontanava, quasi sprofondava, e ora l’Arco di Costantino, prossimo, sembrava ingigantirsi nella sua metafora di vittoria, salivo e il suono delle voci dei turisti si faceva ovattato, quelle voci urbane si confondevano come ricordi ormai archiviati e il silenzio mi immergeva in un posto nuovo, solo, dove soltanto i gabbiani agitavano i miei sensi come su un monte nel vento e a picco sul mare, e si era fatto via via più freddo, dove le luci ora illuminavano la figura in bianco e nero di quella donna, Annarella, pienissima di donna, pienissima di donne, sullo sfondo del tempio che, come un altare antichissimo e moderno, di Roma oggi, rappresentava l’icona del cinema romano, italiano e mondiale, quella Venere Eterna, completa di fascino e tante storie da raccontare, le nostre storie, delle nostre mamme e delle nostre vecchie nonne.
Sul lato della scena Paola Minaccioni accompagnata da quattro musicisti (Valerio Guaraldi – arrangiamenti e chitarre; Claudio Giusti – sax tenore, contralto e flauto; Giuseppe Romagnoli – contrabbasso e basso elettrico; Matteo Bultrini – batteria e percussioni), un’atmosfera intima e di racconto, una voce fedelmente rauca, rotta a volte da un groppo in gola, perché davvero la vita della Magnani somiglia a tante vite e a tante vite di attrici, e forse Paola l’ha fatta magnificamente sua.
Sulla parete si ingrandisce il volto nelle sequenze dei film, ora con Toto ora con De Sica, poi la corsa verso la morte in “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, e infine la camminata al centro della strada di notte, in periferia, della prostituta fiera in “Mamma Roma” di Pier Paolo Pasolini, si innestano poesie su musiche dal vivo, e altri racconti o interviste personali, alcune conosciute, altre sfuggite alla raccolta di memorie su questa immensa attrice dallo sguardo drammatico e dal sorriso tragico. Il testo è di Elisabetta Fiorito.
Una Roma a strati, per vie e per fontane, porte e grandi portoni, una vita carica di solitudine e voglia di recitare, uomini traditori e vigliacchi, registi che l’hanno saputa valorizzare ma che l’hanno anche usata, Un oscar (miglior attrice in “La rosa tatuata” da un romanzo di Tennessee Williams), un figlio malato e tanti abbandoni. Pochi amici, tanto amore! La competizione con Ingrid Bergman, quel padre che non ha voluto riconoscerla e la madre che l’ha lasciata alla nonna per rifarsi una vita che le ha fatto studiare il pianoforte. Tanta cattiveria ricevuta restituita in bellezza, e Paola Minaccioni che ha saputo spiegarcela, ancora una volta, con tanta delicatezza e simpatia. Una lettura davvero molto commovente, una serata dolcemente malinconica in un contesto davvero d’incanto. Il pubblico visibilmente contento.
di Chiara Merlo