La Sardegna. Questa terra non assomiglia ad alcun altro luogo. (David Herbert Lowrence)
Di e con Stefania Masala
Regia Patrick Rossi Gastaldi
Musiche di Cristiano Porqueddu
Alla chitarra Giovanni Martinelli
Costumi: Luciano Erittu e Franco Marras
Succede anche davanti alle opere d’arte di dovere prendere le distanze per meglio capirle. Per ravvisarne i dettagli e apprezzarne i colori, le prospettive, le luci e le ombre. Bisogna allontanarsi per ritrovare prossimità. Per ristabilire un rapporto neutrale o almeno libero da compromissioni intestine, un attimo prima di lasciarsi di nuovo travolgere da tutto quello che avevamo lasciato.
Un luogo, una famiglia, un ritaglio di terra, i suoni di una lingua che abbiamo smesso di frequentare ma che ci appartiene e ci identifica come solo la lingua può fare. Innescando ricordi che parlano soltanto a te, senza lasciarsi comprendere eppure intimi e precisissimi.
Voglio partire proprio da qui, da questa contraddizione apparente che Stefania Masala ci restituisce nel bel mezzo del suo Viaggio in Sardegna, un monologo di riscoperta della sua terra attraverso le parole di quei narratori e poeti che dal continente l’hanno raccontata e amata. Perché tra una celebrazione e una dedica affidata alle memorie altrui si inseriscono i propri ricordi che prendono forma sotto il velo del tempo e al di là dello spazio che hai voluto metterci in mezzo.
I nonni, prima di tutto, che conosciamo a metà del viaggio. I nonni amati che si chiamano Mariuccia e Antioco e che tra loro parlavano quel dialetto stretto a lei incomprensibile perché ormai bisognava parlare italiano, ci si preparava alla scuola e forse già al continente.
Ecco, il rapporto tra prossimità e distanza comincia da qui: dal rapporto primitivo tra riservatezza e affetto che indissolubilmente la lega ai suoi nonni; tra i segreti da custodire dietro i codici di una lingua che stabiliva ‘un canyon’ tra le generazioni e la certezza di legami familiari solidissimi.
In questo frammezzo c’è il viaggio, viaggio di andata e ritorno tra il continente e l’isola, avanti e indietro, indietro e avanti, viaggio reale e metaforico, fatto di soste e sentieri che portano ogni volta una corrente nuova sulla traiettoria maestra. Ci sono gli incontri, tanti e importanti, incontri che lasciano il segno, ci sono i libri e le storie a cui aprirti e affidarti per capire di più anche di te e della tua terra. Perché ci sono terre che più di altre esercitano su chi ci è nato un carico granitico di eredità e certa eredità o l’accogli senza difese, disposto a lasciarti forgiare o te lo vuoi scrollare di dosso come un ingombro che non hai scelto.
E allora non ti resta che andartene, partire, dimenticare o semplicemente credere di aver dimenticato. “Mi sono sentita sarda solo quando me ne sono andata”. L’incipit del monologo è una dichiarazione di appartenenza che sa di risarcimento e resa dei conti. Una dichiarazione onesta, il frutto maturo di un percorso a ritroso. Prima che non sia la vita stessa a riconsegnarti a chi ti ha sempre aspettato, non già per ricominciare da zero ma per ripartire senza zavorre, con un bagaglio leggero fatto di versi e testimonianze sincere.
Gabriele d’Annunzio, Edoardo Scarfoglio, Cesare Pascarella, Virgilio Lilli, Antoine Valéry e ancora Elio Vittorini e Antonio Gramsci e, soprattutto, David Lawrence che con il suo Mare e Sardegna lascia un diario di viaggio originale e vibrante, scritto a caldo, che si sofferma non solo sulle asperità di una terra indomita che odora ancora di mandrie in cammino ma sui caratteri duri e anche selvatici della gente che l’abita, le “donne rigide come le principesse di Velazquez”, gli uomini protetti da un riserbo antico che gli ricorda l’aria di casa. La sua composta Inghilterra abbottonata e restia agli slanci e agli abbracci.
Appunto, gli abbracci. Anche Stefania ci racconta di un abbraccio negato. Di quella volta, in aeroporto, quando il padre le porse la mano. “Ma come, babbo, dopo tanto tempo nemmeno un abbraccio?”
“Dopo tanta distanza fisica bisogna ristabilire una vicinanza spirituale, sennò l’abbraccio è un abbraccio vuoto”.
Ci sono anche questi ricordi posati con garbo su quel vassoio che è la Sardegna, come la definiva Virgilio Lilli nel suo Viaggio in Sardegna: da viaggio a viaggio, attraverso l’isola che ha la forma di un rettangolo frastagliato e imperfetto, per invitarci a tornare, almeno ogni tanto, lì dove i sardi, con la pietra, “costruiscono per restare”.
Lo spettacolo è diretto da Patrick Rossi Gastaldi ad è ben giocato sulla doppia dialettica narrazione e poesia e parole e musiche, che sono composte da Cristiano Perqueddu e affidate alla sensibile esecuzione di Giovanni Martinelli, chiamato a tratti a intervenire e dialogare con l’attrice, dentro e forse anche fuori le tracce del copione.
Infine una nota sul costume di scena, ideato da Luciano Erittu e Franco Marras, uno smoking sardo rivisitato e molto suggestivo, le maniche tagliate che mettono in evidenza la camicia bianca e gli accessori tipici come il bottone spilla di filigrana dorata e il collier di corallo rosso.
Dopo il debutto a Londra il 3 novembre 2021 presso il Toulouse Lautrec Jazz Club e la presentazione alla stampa romana presso il Gremio dei Sardi, Viaggio in Sardegna sarà in scena dal 7 al 9 gennaio 2022 al Teatro Altrove di Roma.
di Alessandra Bernocco