Qui ti toccava sentire cosa fa la gente quando si tira giù le braghe o cosa vorrebbe fare quando non può. Voi non avete idea di cosa si nasconde nella gente quando si infila dentro un letto. Oddio, anche fuori a dire il vero. La dipendenza da sesso è una cosa strana, la gente è una cosa strana, il sesso è una cosa strana.
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Dopo aver ceduto il posto ad una simpatica vecchietta con gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, mi ritrovo ora in piedi, difronte ad uno dei finestrini del vagone, accanto ad un ragazzo coi capelli rasati quasi a zero e un torace scolpito che fa fatica a star dentro la sua t-shirt nera. Sembra un gorilla beringei appena uscito da un centro benessere.
Yuri è cambiato. Sembra triste, dimesso, un po’ appesantito, ma soprattutto è solo, senza la donna dai grandi occhi scuri con la quale sfidava occhiatacce e risatine.
Che qualcosa non andava, lo avrebbero dovuto capire subito, già dal giorno del funerale, quando sua figlia lo aveva amorevolmente vestito in casa, dove era morto, con un completo blu che gli stava ancora alla perfezione, due scarpe lucide senza lacci, una bella cravatta e lui, inspiegabilmente, aveva una faccia serena e sorridente che pareva dipinto.
Esistono uomini belli, liberi e magnetici anche nelle prigionie urbane. Uomini che noi, fantomatici e maldestri giudici di tanti talent-show quotidiani, dovremmo imparare a leggere dentro, magari accendendo una X, e magari canticchiando quel motivetto che più o meno fa “Palestina libera, Palestina li-be-ra…”.
Stiamo tutti spalmati e pressati, carne macinata e farcita dentro un vagone ripieno come il budello di una soppressata di Calabria, con tutto il suo armamentario di pepe nero, pepe rosso e peperoncino, secondo i comandamenti scolpiti da qualche barbuto illuminato, sulle sacre e piccanti tavole della tradizione silana di Acri e Serra San Bruno.
In fondo la felicità è una cosa così semplice che a volte può essere dimenticata in uno zainetto. Ma riconoscerla e poi regalarla a qualcuno, vi assicuro, fa volare.
Sogno di mangiare. La notte intendo, io sogno solamente di mangiare, di ingozzarmi di ogni tipo di cibo, ininterrottamente e in quantità abnormi. In questi sogni sono quasi sempre seduto a una tavola imbandita con ogni ben di Dio. Il posto non è sempre lo stesso anzi, cambia quasi sempre. Quello che non cambia è la situazione, il senso di fame crescente e il desiderio insopprimibile e violento di mangiare.
I “fratelli der faina” esistono davvero. Tra di loro si chiamano “fraté” e comunicano urlando, come se il mondo intorno non avesse orecchie per sentire.
Guardandomi intorno scopro cortometraggi di quotidianità che sfociano in dinamiche curiose o stravaganti. Perché certe attese sono barattoli di vetro nei quali la vita prende scorciatoie, ci mostra storie rapide e furtive, e ci fa percepire dialoghi appassionanti, che un osservatore attento riesce a cogliere attraverso il vetro prima che il tempo si esaurisca.