Eppure, se solo sapessimo veramente che le cose brutte della nostra vita le racconta il teatro, e che ci difende nel raccontarle! Il teatro è onesto intellettualmente sennò muore, parla alla comunità per far comprendere, parla “a noi tutti” come dice Eduardo per i nostri figli. E solo se si prova il dolore degli altri si comprende veramente il proprio. Il teatro permette questo: ri-presentare (rappresentare) a se stessi il dolore per la vita, com’è.
Categoria: SOCIETA’
Paolo Mauro e Alessandro Castriota Skanderbeg, diretti da Lindo Nudo, portano in scena una commedia non tanto per parlare della battaglia civile delle comunità LGBT, quanto dell’amore e della difficoltà nel riconoscerlo all’interno di una società che, ancora oggi, non riesce a educare all’amore senza riserve, come se l’amore dovesse rimanere prerogativa tra persone di sesso diverso.
Quest’opera teatrale prende in prestito un fatto di cronaca raccontato da Laurent Mauvignier, la mezz’ora in cui è insensatamente raccolta la tragica fine di un uomo. Un monologo. Un’emorragia di parole nel resoconto minuzioso di una morte assurda, interpretata esaurientemente da un attore ugualmente tragico nella sua parte, molto convincente Vincenzo Pirrotta. “Quel che io chiamo oblio” è il titolo originale di questo monologo, “Storia di un oblio” in questa trasposizione teatrale.
Perfect Days è un film del 2023 diretto da Wim Wenders. Lingua originale, giapponese. Paese di produzione, Giappone, Germania. Anno, 2023.
Il film doveva inizialmente essere un documentario sulle toilette pubbliche, parte del progetto The Tokyo Toilet, ed era stato commissionato espressamente a Wim Wenders in virtù delle sue precedenti felici esperienze con il cinema giapponese. Lavorando al film, però, il regista ha preferito realizzarlo come un’opera narrativa, mostrando le varie toilette come i set dove si svolgono le vicende dei personaggi.
Svelarsi non è espressione di un femminismo isterico, rivendicativo, incattivito ma una divertita riflessione collettiva su come la donna o “chi si sente tale” percepisca sé stessa in un contesto di percezione alterata.
Lo volete far scendere sto disgraziato pupazzo da quel diabolico mezzo di distruzione di un popolo?
La scena è stata diffusa in modo virale grazie alle invettive di un padre che non faceva altro che rilevare la cosa più ovvia del mondo. Che un carro armato non è un giocattolo. Che non si difende un genocidio in atto.
Poche righe su un film immenso, perlopiù destinate a chi lo ha già visto. The old oak di Ken Loach, in questi giorni nelle sale, è quel film immenso. Dove confluisce ad un tempo empietà e pietas o, meglio, dove l’empietà si sublima in pietas. Pare impossibile invece. Invece accanto alla fotografia di un’umanità cattiva e incattivita, resa con il suo solito occhio leale: leale, non cinico, un occhio capace di guardare le derive dell’animo umano così come sono, dure, crude, spigolose, ripugnanti, Loach ci fa vedere che la pietas è ancora possibile. Anche laddove non te l’aspetti, anche laddove avresti voluto, tu spettatore, punire i colpevoli, vederli irrisi almeno alla fine, in cerca di una catarsi che invece il regista non ti concede.
Benché ci consideriamo evoluti, non lo siamo. Perché finché pensiamo che queste sono cose che accadono solo in periferia, in luoghi dimenticati da Dio e comunque solo agli altri, non ne usciamo. Finché non riconosciamo che la violenza, non per forza fisica, il maschilismo, non per forza ostentato, sono anche nostri, non risolviamo niente.
Dopo aver ceduto il posto ad una simpatica vecchietta con gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, mi ritrovo ora in piedi, difronte ad uno dei finestrini del vagone, accanto ad un ragazzo coi capelli rasati quasi a zero e un torace scolpito che fa fatica a star dentro la sua t-shirt nera. Sembra un gorilla beringei appena uscito da un centro benessere.
Si tratta di Antigone in Amazzonia di Milo Rau e Great apes of the west coast di Princess Isatu Hassan Bangura.
Due lavori importanti che Romaeuropa ci ha da poco proposto e che meritano davvero attenzione, su più fronti.